Le divinità aprono gli occhi e creano il mattino
mostra di Stefano Caimi, Angela Grigolato, Edoardo Manzoni e Martina Pozzan a cura di ife collective
01-24.07.2022
Stazione di Marano Vicentino (VI)
La ricerca sul paesaggio ha il fascino della scoperta inesauribile. Il suo essere in continua evoluzione, corpo complesso e inquieto in mutamento, lo posiziona instabilmente tra le sfere dialettiche del visibile e del non visibile, uno dei motivi per cui la genesi del concetto paesaggistico è ancora oggi questione irrisolta. In questo campo di meraviglia e incertezza, possiamo assumere che i paesaggi inizino negli occhi e che da tutti gli occhi–organi fisici, mentali, sensibili, divini–i paesaggi trovino una propria emanazione.
Così la genesi dei paesaggi si lega alla nostra specie esplicandosi talvolta in artefatti che ne hanno cambiato lo svolgimento e la conformazione. Gérard Wajcman oltrepassa il binomio paesaggio-occhio introducendo due termini: artefatto e divino. In Fenêtre. Chroniques du regard et de l’intime, la pratica artistica -l’autore parla di affreschi delle ville romane- assume un carattere trascendentale e il creatore di visioni paesaggistiche è assimilato alla divinità che al dischiudersi degli occhi, crea nuovi giorni e possibilità. Variando sul tema, Annalisa Metta nel suo Il paesaggio è un mostro va oltre e introduce la figura del mostro, altra creatura divina. Il paesaggio è allo stesso tempo artefatto e mostro, risultato variabile di combinazioni ibride. L’etimologia della parola mostro avvicina le due visioni e svela un carattere che la lega doppiamente al divino: monstrum è “segno divino, prodigio” ma anche monere “avvisare, ammonire”.
Le divinità aprono gli occhi e creano il mattino evoca una dimensione divina per indurci ad aprire gli occhi e creare una riflessione più consapevole e inclusiva rispetto ai paesaggi contemporanei, per considerare l’opportunità dei dialoghi multispecie in quanto soggetti facenti parte e creatori di paesaggi.
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Foto di Marta Braggio













